Mamma Greta e la sua esperienza con la fecondazione assistita

 E’ di grande attualità il tema della fecondazione assistita, specie in Italia in cui si è cominciato a parlare di eterologa. I numeri sono sempre in aumento, sia delle coppie che si rivolgono ai centri per la fecondazione omologa sia per quelle che si muovono per l’eterologa. 

Mamma Greta Paoletti racconta la sua esperienza a lieto fine per dare una speranza alle tante donne che non riescono ad avere figli.

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“La mia storia ha inizio nel momento in cui io e il mio compagno decidiamo di avere un figlio..

In realtà nasce molto prima perché avevo già tentato di diventare mamma durante il mio precedente matrimonio ma, visto che il bimbo non arrivava, mi ero sottoposta ad accertamenti di routine che avevano evidenziato la mia tuba destra chiusa per un’infiammazione.

Nel frattempo io e mio marito ci siamo separati e quando ho conosciuto il mio attuale compagno nel 2009, avevo messo subito in chiaro che desideravo un figlio e che, visti i miei problemi e la mia età (34 anni io, lui 24), non avevo intenzione di aspettare troppo tempo prima di cercare una gravidanza. A gennaio 2010 ci rivolgiamo al centro sterilità più vicino e facciamo la prima visita in libera professione per accelerare un po’ i tempi; la Dottoressa ci prescrive una lista infinita di esami da fare e mi consiglia di asportare la tuba compromessa in laparoscopia.

Dagli esami emerge che anche il seme del mio compagno è malconcio ma comunque accettabile per poter procedere con inseminazione o fecondazione e andiamo avanti. Ci mettiamo in lista per fare la prima fivet per febbraio 2011 e nell’attesa ci consigliano 3 tentativi di iui in un altro centro perchè anche con una tuba sola c’è la possibilità di riuscita. A maggio 2010 mi asportano la tuba destra, 2 miomi esterni all’utero e un sacco di aderenze dall’appendice fino al fegato.

A giungo 2010 ci sottoponiamo alla nostra prima iui (inseminazione intrauterina) e nella sua semplicità ci sembrava di aver fatto la cosa più innovativa del mondo e pensavamo già di avere la vittoria in pugno. Peccato che dopo soli 6 giorni sono arrivate le mestruazioni.

A settembre 2010 facciamo un’altra iui sempre con esito negativo, così come quella di dicembre. Finalmente arriva febbraio 2011 e con lui la preparazione alla nostra prima fivet, che consiste nello stimolare il più possibile la produzione ovarica, recuperare gli ovociti tramite intervento chiamato Pick up e lasciarli a contatto con il seme in vitro sperando che si fecondino; parte degli embrioni ottenuti verranno poi trasferiti in utero e gli altri crioconservati.

Purtroppo non riusciamo a concludere per mancata risposta delle mie ovaie alla terapia e mi rimandano al mese successivo. Da questa seconda stimolazione prelevano 7 ovociti dei quali 1 non idoneo, 1 bellissimo e immediatamente crioconservato per momenti peggiori, e 5 molto buoni messi a fecondare. Da questi 5 si formano 3 embrioni, due dei quali mi vengono trasferiti in utero e uno crioconservato. Dopo 10 giorni ho la pessima idea di fare un test che esce POSITIVO 1-2. Perché pessima? Perché quello che conta veramente sono le beta e l’andamento della gravidanza… dopo 2 giorni ho appuntamento al centro per dosare le beta e mentre noi eravamo già proiettati ad un bel numero rassicurante l’infermiera, dopo poche ore, mi comunica uno schifoso 4. Quattro. Cioè negativo.

Una biochimica, mi spiegano. Una gravidanza nata e morta subito. E io in quel momento sono morta un po’ con lei.
Con le lacrime agli occhi chiamo un altro centro perché non voglio aspettare altri 6 mesi per poter andare a riprendere l’unico superstite crioconservato. Questo centro fuori regione sembra il paradiso dei miracoli, abbondano i positivi e per chi arriva da fuori regione non c’è lista d’attesa. Con diversi salti mortali riusciamo a coordinarci per fare subito un nuovo tentativo, questa volta di icsi (gli ovociti non si lasciano fecondare in autonomia ma viene inserito al loro interno lo spermatozoo migliore): produco i miei soliti 7 ovociti, di cui 2 non idonei e 5 fecondati dai quali si ottengono 2 embrioni di classe A (ottimi) e 1 di classe B (buono). Mi trasferiscono i 2 di classe A e dopo 12 giorni (stavolta niente test, per carità!) faccio le beta: 19. Ma che razza di numero è?

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Dal centro mi dicono di sospendere la terapia perché con un numero così basso non c’è niente di buono e nessuna gravidanza è mai andata avanti con un 19 in quella determinata epoca gestazionale che in effetti richiede numeri decisamente più alti. Ma io non mollo e il giorno dopo quel 19 si trasforma in 34. Dopo 2 giorni 91. Dopo altri 4 giorni 500. Dopo altri 2 giorni 3000. Ok, vado a fare un’ecografia per capire almeno se c’è qualcosa in utero: si vede un piccolo puntino, forse è la camera gestazione. Ma dopo 10 giorni eccolo! Il piccoletto col suo bel cuoricino pulsante, alla faccia delle beta a 19 e del centro che non mi dava speranze. Passano 9 mesi di agonia, nei primi 3 ho avuto perdite abbondanti con corse continue al pronto soccorso per poi scoprire che erano dovute al gemellino che non è riuscito ad andare avanti e si è riassorbito. Finalmente il 7 aprile 2012 nasce Alice!

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Nel 2013 decidiamo che si potrebbe provare a cercare il fratellino, consapevoli di aver già avuto tutto quello che potevamo desiderare.
Ad ottobre 2013 torno nel primo centro per trasferire il superstite crioconservato ma si accorgono che in utero c’è qualcosa che non va, sospettano aderenze dovute al raschiamento post parto e mi fissano intervento per rimuoverle. Il mese successivo riesco a fare il transfer del congelato ma le beta sono negative.
A gennaio 2014 chiedo il parere di un nuovo medico anche per sapere se ci sono microscopiche possibilità di avere una gravidanza spontanea ma è da escludere. Anzi, per lui farò fatica ad ottenere una gravidanza anche rivolgendomi ad un centro sterilità perchè il mio utero è compromesso. Noi comunque non ci scoraggiamo, ci armiamo di stick canadesi per l’ovulazione e ogni mese attendiamo imperterriti un miracolo.
Ad aprile 2014 mi affido ad un ospedale rinomatissimo della Lombardia e tra un esame e l’altro la situazione si fa critica: quasi 39 anni, riserva ovarica rasente alla menopausa, utero danneggiato, vitamina D a 7 (grave insufficienza) da sistemare assolutamente al più presto, anticorpi della tiroide un po’ altini, Pap test positivo (per fortuna un falso allarme, nel 2008 sono stata operata di tumore al collo dell’utero e la paura è sempre altissima).
Salta il tentativo per motivi logistici e tempistici e a luglio 2014 ritorno al primissimo cento del mio paese, parlo con la solita dottoressa che mi da il piano terapeutico e dice che mi aspetta ad ottobre per il nuovo tentativo.
Nel frattempo a fine luglio mi sento strana, passo alcuni giorni dove gli odori sono fortissimi e i sapori tutti sballati ma non ci faccio caso… il 9 agosto abbiamo in previsione di portare Alice in un grosso parco giochi e quindi per sicurezza l’8 agosto faccio un test, essendo il mio primo giorno di ritardo. POSITIVISSIMO!

Il giorno successivo corro a fare le beta: 944. Non ci crediamo, è un miracolo!
Dopo 3 giorni faccio eco e si vedono sia camera gestazione che sacco vitellino. A 7 settimane vedo anche il battito.

E il 20 marzo di quest’anno è nato Alessandro.GRETA

Ho voluto raccontare la mia storia perchè di fecondazione non si parla ancora abbastanza e perché spero di essere un esempio per chi ancora sta lottando nella ricerca di un figlio.

Non perdete mai la speranza!

Mamma Greta Paoletti


Per ulteriori info cliccate QUI

lo sapevi che?

In Italia nel 2013 sono nati 514.308 bambini. Di questi 12.187 grazie alla procreazione medicalmente assistita (2,4%).

La fecondazione assistita: in Italia meglio che all’estero

Rosanna intervista il professor Claudio Giorlandino

Molte donne che desiderano avere un bambino e che purtroppo hanno difficoltà a concepirlo, sono spesso orientate a rivolgersi ai centri di fecondazione assistita all’estero. Il professor Claudio Giorlandino, Segretario generale della Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno fetale, ci spiega perché oggi è stupido uscire dall’Italia per questo tipo di trattamento. Ormai anche qui nel nostro Paese si può usufruire delle stesse tecniche di fecondazione.

Per il video clicca QUI

 

 

Un pensiero riguardo “Mamma Greta e la sua esperienza con la fecondazione assistita

  1. Molto bella questa testimonianza. Anch’io fatte 3 iui. La seconda con test positivo ma all’eco delle 6 settimane si è scoperto che procedeva con beta a 3320 nella tuba sinistra. Operata in laparoscopia e tolta tuba. Dopo un mese iui negativa. Purtroppo non avendo compagno devo andare all’estero. Ma perché la legge non mi consente di accedere in Italia?

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