Natale è oramai alle porte, l’ atmosfera natalizia incalza nelle strade, addobbi di ogni genere riscaldano le città, lucine colorate, negozi sfavillanti quasi facessero a gara a chi ha la vetrina più bella e colorata, le pasticcerie abbondano di deliziosi manicaretti e panettoni, le piazze mostrano i loro maestosi alberi, i monumenti sono abbelliti per l’ occasione, le persone ammirano cotanta bellezza e sembrano andare di fretta alla ricerca dell’ ultimo regalo e pensiero da fare ai propri cari.
Il profumo che si respira è quello che riscalda il cuore, quello che riporta ai nostri “Natale passati” tutto ad un tratto la malinconia ci avvolge e ripensiamo alla felicità di quel giorno. Ma cosa rappresentava per noi e cosa vorremmo che i nostri figli vivessero? Il consumismo non rischia di distruggere l’incanto del Natale? Riflettiamo assieme..
Babbo Natale è la figura più amata da tutti i bambini del mondo,(In altre parti lo chiamano Santa Klaus o “Nonno gelo”) contribuisce a dare un significato all’ attesa: vestito di rosso orlato di pelliccia bianca, lunga barba, cappello a punta: un buon vecchietto che arriva puntualmente ogni anno con un sacco pieno di regali.
Una sorta di papà-nonno buono che premia i bambini a seguito di una lunga attesa, che inizia con lo scrivere la famosa “letterina” e si conclude con il momento tanto desiderato dell’apertura dei regali. Questa tradizione voleva servire un tempo da piccola lezione morale, “se sarai buono, riceverai dei regali”… associando un determinato comportamento ad una ricompensa ma tutt’ oggi viene utilizzato da noi genitori come preteso per mediare alle marachelle.
Ha ancora senso questo per i bambini di oggi che sembrano preferire la magia alla fatica del crescere, le evoluzioni in tempo reale al tempo scandito più lentamente? Eppure la figura di Babbo Natale resiste, e il Natale conserva, nonostante tutto, la qualità di un tempo privilegiato per stare insieme, al calore della vicinanza della famiglia e aspettare qualcosa di buono. Per i bambini soprattutto può diventare un tempo in cui permettersi di tornare a credere nelle favole e abbandonare quell’atteggiamento di disincanto al quale vengono fin da piccoli abituati dalla società moderna.
Come preservare l’eccezionalità del regalo di Natale?
Siamo consapevoli che i bambini di oggi hanno tutto ciò che potrebbero desiderare: sono abituati a ricevere doni quasi quotidianamente, per placare i sensi di colpa di genitori troppo occupati, per mettere a tacere richieste assillanti o, al contrario, per fornire loro supporti educativi sempre nuovi. Il regalo ha perso la sua qualità di “premio” per uno sforzo fatto o per un risultato raggiunto; viene di fatto considerato, anche dagli stessi genitori, un diritto dei bambini, in maniera quasi indipendente dal loro comportamento.
Il regalo ha perso le sue caratteristiche di eccezionalità e di ricompensa, così come sembra essersi persa la capacità del bambino di saper attendere e desiderare. Ogni possibilità di fantasticare nel vuoto dell’attesa viene saturata, eliminando così quello spazio potenziale da cui nasce la vera creatività. Il regalo di Natale può diventare allora un’occasione per ripristinare la funzione del desiderio come motore creativo, a partire dalla “letterina” a Babbo Natale, scritta con largo anticipo e spesso con grande impegno perché scritta personalmente dai bambini.
A Natale dunque il bambino potrà ricevere “il” regalo, quello che ha aspettato a lungo, quello che riempirà lo spazio dell’attesa e, in quanto tale, il migliore, il più soddisfacente, proprio perché non comparso magicamente mezz’ora dopo averlo chiesto, ma che sarà stato sognato, sospirato, immaginato…
Ma come spiegare al bambino cosa rappresenta realmente il Natale e qual’ è il significato più autentico e tradizionale?
L’ essenza del Natale è proprio l’attesa, l’Avvento come preparazione all’evento ed è in questo periodo che si coltiva la magia del Natale, i sentimenti ad esso legati e gli insegnamenti che attraverso la “favola” di Gesù Bambino i nostri figli possono apprendere.
(Nell’ultimo fine settimana di novembre, invece di acquistare un Calendario dell’Avvento nuovo, potete crearne uno con le vostre mani, grazie al fai-da-te e al riciclo creativo. Sarà molto più originale di quanto trovereste in vendita e sicuramente sarà un modo per spiegare cosa rappresenta il Natale. Guarda esempio QUI!)
Certo non è semplice far comprendere la storia di Giuseppe e Maria ed il suo valore immenso e immutato nel tempo ai bambini. Nella festa del Natale viene raccontata ai bambini la storia di una “famiglia sacra” in cui Giuseppe e Maria sono due figure che con amore e responsabilità svolgono il loro ruolo di genitori. Nella tradizione cattolica Giuseppe e Maria sono dei genitori che si dedicano completamente al loro bambino che è venuto al mondo per testimoniare la sacralità di tutti i bambini.
Si può raccontare del viaggio di una mamma coraggiosa, che si mette in cammino col suo compagno per mettere al mondo un bambino speciale… e quale bambino non è speciale per la sua mamma?
Raccontare della partecipazione della gente comune, dei pastorelli e persino dei Re Magi alla nascita di un bambino, apparentemente sfortunato, senza casa, né cibo, che non riceve bambole e trenini, ma forme di pane e cesti di mele.
Raccontare di come una grotta spoglia possa trasformarsi in un caldo e accogliente giaciglio, se soltanto racchiude una famiglia unita dall’amore.
I genitori poi possono provare a collegare questa storia religiosa del passato con le storie odierne caratterizzate da povertà; molte famiglie anche oggi nei paesi molto poveri sono ancora in fuga, lasciano la loro terra spinti dalla povertà, dalla paura, dal pericolo e sono costretti a fuggire insieme ai loro figli da luoghi dove la guerra, le malattie e la paura non lasciano tregua.
E attraverso il racconto possiamo recuperare qualcosa che rischiamo di perdere, ma soprattutto di non far conoscere ai nostri figli: la semplicità più profonda, l’attenzione verso i sentimenti più che verso le cose, la condivisione del fare con e per amore, l’attesa del dono.
La nascita di Gesù secondo l’evangelista Luca – Nostrofiglio.it
“In quei giorni un decreto dell’imperatore romano, il re più potente di tutta la terra, ordinò che si facesse il censimento, cioè che i suoi sudditi fossero contati e registrati, ciascuno nella sua città.
Anche Giuseppe, un falegname che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret partì per andare a Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua moglie, che era incinta.
Appena arrivarono in quella città Maria si rese conto che il suo Bambino stava per nascere e Giuseppe cominciò a cercare una locanda che potesse accoglierli e dove Maria potesse sistemarsi al caldo.
Betlemme però era piena di gente radunatasi per il censimento e inoltre gli albergatori quando Giuseppe bussava alla porta, vendendo i due viandanti poveri e solo con un asino come bagaglio e mezzo di trasporto, li cacciavano in malo modo.
Quando giunse la notte e Maria, ormai stanchissima, era prossima alla nascita del Bambino, finalmente Giuseppe avvistò una stalla abbandonata con dentro solo un grosso bue e con un pò di paglia per terra dove fece accomodare la moglie rinfrancata dal calore del bue e dell’asinello. In poco tempo nacque Gesù e subito la sua mamma, lo avvolse in fasce e lo depose nella mangiatoia, dove c’era il fieno per gli animali, per farlo dormire.
C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge, all’improvviso gli apparve un angelo e furono avvolti da una grande luce ma l’angelo, tranquillizzandoli, disse: “Non abbiate paura, sono qui per annunciarvi una grande gioia,: oggi è nato quello che sarà il più grande di tutti i re.
Andate a festeggiarlo: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia. I pastori pieni di gioia e di semplici doni andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva tranquillo nella mangiatoia.”
B U O N N A T A L E B A M B I N I !
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Il tuo post mi ha ricordato un aneddoto che raccontava spesso mia nonna.
Lei diceva che da bambina aspettava tutto l’anno che arrivasse il Natale, perché sapeva che per quella festa le sarebbe stato regalato un cioccolatino. Allora quel minuscolo pezzo di cioccolata era un lusso inimmaginabile, che ci si poteva permettere appunto soltanto una volta l’anno. Adesso invece, diceva mia nonna, se ho voglia di un po’ di cioccolata vado al supermercato e me ne compro una stecca larga così e spessa così per un euro e spiccioli.
Mia nonna ci faceva questo paragone per farci capire che adesso ogni giorno é festa, ogni giorno é Natale, perché ora possiamo permetterci di fare tutti i giorni delle cose che soltanto pochi anni fa erano delle comodità inaccessibili. E quindi finiamo per darle per scontate, non le apprezziamo nella giusta misura e non siamo mai contenti. Sei d’accordo?
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Si condivido il tuo pensiero perchè è la stessa cosa che mi raccontava mia nonna. Oggi giorno non ci manca nulla siamo fortunati per questo è importante scandire i tempi e far capire ai bambini che c’ è anche un momento in cui bisogna aspettare e attendere per riscoprire quei valori oramai persi….
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Mi fa molto piacere che siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Ho sviluppato un confronto più esteso tra l’Italia di mia nonna e l’Italia attuale in questo mio post: https://wwayne.wordpress.com/2014/10/22/poveri-ma-felici/. Grazie per la risposta! 🙂
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