“VIA gli smartphone”:genitori iper-connessi

I genitori sono presenti fisicamente, ma la loro attenzione è altrove: a rispondere ad un email, su Twitter, Whatsapp, Pinterest, Google, Facebook e non si rendono conto quanto tempo passano connessi online. Così i figli crescono sempre più soli con tanta voglia di essere ascoltati.

“Spegnete il telefonino e parlate con loro” sono le parole della pediatra americana Jane Scott, riportate in un articolo della rivista Vanity Fair, pubblicato a ottobre 2014.

genitori iperconnessi

Jane Scott è una pediatra americana di Highlands Ranch che pratica la professione da vent’anni. Negli ultimi decenni pensava di aver visto tutto. Ma qualcosa le ha fatto cambiare idea: guarda caso proprio una visita medica a un bambino di due anni e al suo rapporto con lo smartphone. Un’esperienza che l’ha lasciata sbalordita e l’ha portata a chiedere pubblicamente ai genitori di spegnere il telefonino e prestare maggiore attenzione ai figli. 

Le nuove generazioni crescono avendo sempre più difficoltà nel crearsi rapporti reali e nell’interagire con le persone, sicuramente una causa è caratterizzata dall’uso eccessivo smartphone o tablet, insegnato e mostrato dai genitori in modo errato.

I genitori dovrebbero dare loro il buon esempio e fare in modo che questi non abbiano la priorità in ogni situazione. Quante volte vi è capitato di andare al ristorante e vedere mamme o papà al cellulare presi a scrivere e chattare con bambini che in silenzio mangiano guardandosi intorno?

Una mancanza di attenzione verso i figli, dovuto all’uso smisurato della tecnologia porta a conseguenze visibili: bambini indisciplinati, aggressivi, irrequieti, distratti o al contrario passivi chiusi nel loro mondo, bambini che esprimono eccessi di collera e ansia da separazione.

bambini e tecnologia

Riportiamo l’ articolo pubblicato da Vanity Fair sperando possa riuscire a farci riflettere e a recuperare il nostro rapporto vero e autentico con i nostri figli:

«In 20 anni di lavoro pensavo di aver visto tutto, ma mi sbagliavo». Queste che seguono sono le parole di un pediatra, Jane Scott, che hanno fatto il giro della rete. Sono state pubblicate qualche tempo fa sull’Huffington Post e vale la pena riportarle integralmente.

«Un giorno, sono entrato nel mio studio e seduti ad attendermi c’erano un padre e il figlio di due anni entrambi con gli occhi incollati allo schermo dei loro smartphone, che con il dito indice non smettevano di fare su e giù. Ho chiesto quale fosse il motivo della loro visita e il bambino mi ha indicato le sue orecchie: aveva male. Erano rosse e infiammate.

“Indovina un po’?”, ho detto al piccolo paziente. “Hai male perché hai un’infezione alle orecchie, ma non ti preoccupare, con le medicine passerà tutto”. Il bambino mi ha guardato ha ritirato fuori il telefono e ha tenuto premuto lo schermo. “Siri”, ha detto poi, “cos’è infezione alle orecchie?”.

Non l’ha chiesto a suo padre. Non l’ha chiesto nemmeno a me: ha affidato la sua domanda allo smartphone. È normale che un bambino, anche di 2 anni, sia esposto qualche minuto al giorno alle nuove tecnologie, sono i tempi moderni, ma ci sono dei limiti. In realtà, quello che mi ha spaventato è stato notare come quel piccolo avesse già imparato che quando ha una domanda può chiedere a Siri, non a suo padre: a Siri.

Questo bambino ha già imparato che quando ha una domanda, chi è subito pronto ad ascoltarlo e a rispondergli è Siri, e non il suo papà.

Ok, mi sono detto, magari è stato solo un episodio, ma di una cosa sono certo: questa nuova generazione di genitori ha un problema. Sono forse i più informati della storia, sempre connessi, sempre al centro, ma non sono davvero presenti. Quando passano del tempo in compagnia dei loro bambini, non tutti ma tanti, si comportano come se volessero essere da un’altra parte, sempre a controllare Facebook, Twitter… Ci sono ma non ci sono.

Vedo i risultati di questa inattenzione ogni giorno. I loro bambini soffrono di ansia da separazione e sono indisciplinati. Molti genitori penseranno che si tratta dei classici segni del “Voglio la tua attenzione, mamma!”, un grande classico dei bambini, ma in questi casi sono i segnali di un forte bisogno inespresso.

Per esempio, i ricercatori del Boston Medical Center hanno studiato l’atteggiamento di bambini e genitori al ristornate. Su 55 adulti, 40 erano attaccati al loro cellulare. Non solo, in molti casi mostravano segni di irritazione quando i bambini cercavano di attirare la loro attenzione.

Magari stavano tutti rispondendo a un’email importantissima. Magari stavano leggendo qualcosa di fondamentale, o stavano organizzando la serata. Ma una cosa è certa: stavano comunicando ai loro bambini che erano meno importanti di quello che succedeva sul loro smartphone.

Per molti può sembrare assurdo, ma non ci rendiamo conto di quanto tempo passiamo su internet. Quando stiamo coi nostri figli dobbiamo stare con loro. Niente email, Twitter, Facebook.

Vi do un’altra ragione per mettere giù il telefono: Facebook crea comunità, ma promuove anche la competizione e standard inarrivabili di perfezione. Leggiamo centinaia di post dei nostri amici sui loro figli ogni giorno. Sappiamo quanto sono bravi, belli ecc. E spesso ci facciamo delle domande: e il mio è bello, bravo, intelligente quanto il loro?

Non sono contro i social media, sono dell’idea che debbano essere usati con dei limiti. Non si può cercare di essere in due posti contemporaneamente.

In un’era caratterizzata da continue distrazioni, dobbiamo decidere cosa è più importante: stare al cellulare o dire ai nostri figli che li stiamo ascoltando, che siamo qui e che non vorremmo essere da nessuna altra parte se non con loro?».

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