Le orecchiette baresi

Tra tutti, il mese di maggio è il mio mese preferito.

Un vento di maggio gonfio come un frutto, che aveva in sé la ruvidità della buccia, la morbidezza della polpa e innumerevoli semi.
(Haruki Murakami)

 

Bari si veste a festa, dal parco arrivano i profumi degli alberi in fiore, fervono i preparativi in onore del Santo Patrono, al mattino le chiese sono più popolate del solito, guardando in su, le finestre delle case sono sempre aperte, a volte arrivano per strada i suoni di un televisore acceso su un canale che fa compagnia.

A Maggio le rose sono più belle, la Madonna si affaccia nelle vite delle donne e delle mamme, lei la mamma più bella.
Il ricordo più vivo che ho di questo mese è un ricordo datato. Dormivo a casa dei miei nonni qualche volta e nel mese di maggio mia nonna -dietro mia insistente richiesta-, mi svegliava molto presto per raggiungere a piedi la Chiesa della Madonna della Croce, una chiesa di campagna, fuori Noci, in cui ogni mattina si celebrava la messa in onore della Madonna.

Raggiungevamo la chiesa a piedi, molto presto al mattino. Lei e la sua vicina Cecilia mi tenevano al centro nel tragitto, per proteggermi dalle auto. E io mi mettevo sottobraccio, mi sentivo grande.
Nei giorni piovosi, pochi per la verità, avevamo il privilegio di essere accompagnati dal marito di Cecilia, con una 500 bianca stretta stretta. Al termine della messa tornavamo a casa a piedi e iniziavano le faccende domestiche.

I giorni in cui potevo dormire dai miei nonni coincidevano spesso con il fine settimana. La domenica mattina quindi la semola regnava sovrana sul tavolone in legno a casa dei miei nonni. Tornati da messa, nonno Andrea aveva già preparato (rigorosamente a mano) le braciole con carne di cavallo e avviato il ragù che ‘doveva stare sul gas almeno 3-4 ore’. Alle 12, quando era cotto, nonna me ne versava qualche cucchiaiata su una fetta di pane e puntualmente mi scottavo la lingua per la foga di mangiarlo.

La pasta della domenica erano le orecchiette. Nonna si raccoglieva i capelli in un foulard colorato, si metteva il grembiule e impastava insistentemente semola ed acqua sino ad ottenere un impasto nervoso e consistente.

Quei gesti hanno dato il ritmo alla mia infanzia. La mia serenità e la mia gioia sono passate quasi sempre per le mani di quella donna, oggi ottantenne, che con le sue mani operose riesce ancora oggi a darmi una spinta. Mi ha sorretta, mi ha pettinata quand’ero piccola, mi ha preparato mille colazioni col latte della masseria, mi ha accarezzata fino all’altro ieri.

Quando l’abbraccio a volte la trovo piccola, mi sembra che si stia consumando. Ha dedicato la sua esistenza agli altri. Non mi ha mai fatta uscire da casa sua senza un pacchetto, un pezzo di focaccia, delle rape bollite, le lenticchie con le patate, un buon vino rosso.
imageL’altro giorno mentre le mie figlie armeggiavano con i suoi ritagli di stoffa e i suoi bottoni e mio nonno come sempre dirigeva le operazioni, le ho chiesto di rifare orecchiette e cavatelli per me con il suo coltello, quello di una vita.

Le orecchiette a Bari vecchia sono una religione più che una pasta e chi le sa fare è un maestro!

I cavatelli pugliesi, sono un formato di pasta tipico della mia regione, si preparano semplicemente con semola rimacinata e acqua, si prestano ad essere conditi in tanti modi diversi dalla carne al pesce, alle verdure.

Mamma Claudia Massaro


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