Gravidanza e varicella: una testimonianza per riflettere

UNA TESTIMONIANZA CHE FA RIFLETTERE – Tratto dalla Pagina di RIV rete informazione vaccini, perché TMMama è anche divulgazione e contribuisce, attraverso questi post, alle buone pratiche di informazione sulla prevenzione ad oggi a nostra disposizione.
Ringraziamo chi ha vissuto questa esperienza, per la preziosa scelta di condividerla: “Spero che quanto scritto possa essere d’aiuto a qualcuno (e tra i qualcuno non escludo i medici)”. Buona lettura…chi si vaccina

Un anno fa io e mia moglie decidiamo di avere un secondo figlio.

Pur essendo coscienti che mia moglie non aveva mai contratto la varicella decidiamo (come nel caso della prima gravidanza) di non effettuare la vaccinazione, anche perché essendo lei affetta da sclerosi multipla, ci è stato sempre consigliato di evitare i vaccini che, inducendo una risposta immunitaria in un sistema “squilibrato”, potrebbero causare recidive della malattia.

Consci di ciò, decidiamo di non mandare più nostra figlia alla scuola dell’infanzia e di evitare luoghi affollati (specialmente se con molti bambini) così da tenere lontani possibili malattie (non solo la varicella).

Quello che però non possiamo evitare è la festa del suo compleanno, che avviene in un momento in cui non si aveva nessun segnale della presenza del virus della varicella. Purtroppo però, se è vero che la fortuna è cieca è altrettanto vero che la sfortuna ci vede benissimo e in quell’occasione il fato volle che sia mia moglie che mia figlia contraessero contemporaneamente il virus. Infatti, il virus della varicella ha una incubazione di 15 giorni circa e difatti 15 giorni dopo la festa di compleanno, entrambe “le mie donne” cominciano a manifestare i primi sintomi e compaiono le prime bolle.

La paura di aver contratto la malattia ci era venuta già il giorno dopo i festeggiamenti, quando scoprimmo, che ad una sua amichetta erano comparse le bolle della varicella.
I quindici giorni successivi il compleanno di mia figlia, li trascorriamo con ansia, ma nella speranza che la varicella non si sia trasmessa a mia moglie o che non sia ancora incinta.

Cominciamo comunque a documentarci e a consultare in primis il ginecologo, che però non avendo ancora la certezza della gravidanza, né tanto meno di aver contratto la varicella, cerca di tranquillizzarci dicendoci che l’unica cosa che in alcuni casi si fa è l’assunzione di immunoglobuline a poche ore dal contagio. Ci viene poi anche evidenziato che però ultimamente si sta abbandonando questa strada in quanto non c’è la certezza dell’efficacia.

Come però preannunciato, scopriamo a distanza di pochi giorni prima che mia moglie è incinta e poi che ha contratto il virus.
L’ansia a questo punto si trasforma in angoscia. Riconsultiamo il ginecologo e il medico curante. Ci viene consigliato di rivolgerci al numero rosso che l’ospedale Gemelli di Roma mette a disposizioni per casi di questo tipo e così facciamo.

Gli operatori, molto gentili, ci danno i primi ragguagli sulla malattia in caso di gravidanza, evidenziando come in primis il pericolo maggiore è per la madre che con percentuali molto alte rischia di contrarre la polmonite e quindi il decesso se non si interviene con rapidità. Ci sensibilizzano quindi di fare molta attenzione nel caso in cui compaiano tosse o dolori alle spalle e in tali casi di rivolgerci immediatamente al più vicino ospedale. Ci dicono poi che la malattia può portare a problemi al feto con una probabilità di qualche punto percentuale ma se ciò accade, i problemi che essa induce sono di malformazioni molto gravi. Infine ci consigliano, una volta superata da parte di mia moglie la varicella, di rivolgerci ad un centro di terzo livello della nostra zona per farci seguire durante tutta la gravidanza.

Ovviamente quello che facciamo è pensare ad un problema alla volta. La prima preoccupazione è per mia moglie che fortunatamente contrae il virus in maniera lieve (con la comparsa di pochissime bolle sulla pelle) e non si manifesta nessuno dei sintomi preoccupanti descritti dall’operatore del telefono rosso.

Superato il primo ostacolo che è comunque già una grande liberazione, cominciamo a telefonare ai centri di terzo livello e per avere più pareri prendiamo appuntamento con due, entrambi a meno di 100km da casa.

La diversità delle risposte che riceviamo è raccapricciante. Infatti nel primo centro ci viene detto che l’unica scelta che possiamo fare è se tenere il feto oppure no, visto che la probabilità di malformazioni gravi è in questi casi di 1 su 10 e che non vi sono esami che possiamo eseguire per capire se la malattia abbia causato problemi al feto; nel secondo centro ci sentiamo dire che il feto non incorre in nessun rischio visto che la gravidanza è pressoché contemporanea alla infezione e in questi casi vale la teoria “del tutto o niente” ossia o il virus distrugge il feto causando un aborto spontaneo oppure la gravidanza prosegue tranquilla.

Usciamo dai due incontri terrorizzati sia perché riceviamo informazioni del tutto opposte, sia perché l’idea di dover scegliere se abortire oppure no è opprimente.

E’ inutile dire che trascorriamo un periodo veramente difficile, sicuramente il più brutto della mia vita, ma credo che possa dire, anche il più brutto della vita di mia moglie. Ad un tratto sembra diventare tutto senza senso e qualsiasi cosa perde di valore. Non si ha più voglia di lavorare, di uscire, di andare in vacanza e con difficoltà riusciamo a mascherare questo stato d’animo alla primogenita. E i consigli dei nostri genitori, che naturalmente volendo tutelare noi e nostra figlia, ci suggeriscono di terminare subito la gravidanza, non facilitano il momento.

Fortunatamente abbiamo la forza di non arrenderci a noi stessi e alla sorte avversa. D’altronde le due risposte ricevute meritavano un doveroso chiarimento. Ricontattiamo il telefono rosso chiedendo un incontro direttamente al Gemelli di Roma e ci informiamo di quali altri centri in Italia avessero competenza su casi simili.

Non ricordo come, ma probabilmente proprio un operatore del numero rosso, ci suggerì anche il Careggi di Firenze ed in particolare il dottor Trotta. Ed è stato l’incontro con il dottor Trotta che ci ha ridato speranza e voglia di ritornare a fare. Le informazioni che ci vengono fornite ci vengono poi confermate tra l’altro anche dal Gemelli di Roma e dal centro di Padova al quale avevamo richiesto un consulto teratologico, ma il modo di fare, la sicurezza mostrata, la familiarità con cui veniamo accolti e lo scoprire un ospedale a portata di malato, ci convincono di scegliere come nostro riferimento per il resto della gravidanza il dott. Trotta e l’ospedale Careggi di Firenze.

Apprendiamo dal Dott. Trotta che effettivamente il rischio di malformazioni, comunque gravi, è di qualche punto percentuale (e non del 10%) e che nel nostro caso di infezione nelle primissime settimane di gravidanza tale rischio scende ulteriormente (solo per cronaca il rischio è di qualche punto percentuale fino al terzo mese, si azzera poi fino al parto e ritorna ad esistere se l’infezione è presente durante il parto).

Capiamo anche che non è possibile diagnosticare al 100% i danni sul feto, ma è possibile verificare con altissime percentuali di precisione se il feto sia stato infettato. In che modo? Attraverso l’amniocentesi alla 19° settimana di gravidanza con la ricerca del virus della varicella nel liquido amniotico.

Queste parole ci ridanno il sorriso a tal punto che non facciamo poi nostre le parole che ci vengono dette subito dopo. Questo è quello che ci è sfuggito e che se potessi tornare indietro nel tempo non rifarei: “l’infezione della varicella nel feto porta danni gravissimi che coinvolgono l’intero feto, dagli arti, al cervello, all’apparato digerente, al cuore ed essendo una sindrome tali malformazioni sono spesso simultanee. Pertanto anche se non si può mai avere la certezza assoluta, una ecografia morfologica e un eco-cardio eseguiti nel momento opportuno da personale preparato, possono evidenziare eventuali problemi senza la necessità di ricorrere all’amniocentesi che comunque ha una percentuale di aborto non pari a 0”.

Dico questo solo per chi dovesse trovarsi nella nostra situazione, io a posteriori non rifarei l’amniocentesi. Noi difatti alla 19° settimana eseguimmo l’amniocentesi (sempre presso il Careggi di Firenze) e fortunatamente rilevammo che il virus non era passato al feto, né l’amniocentesi causò nessun danno alla mia attuale seconda figlia che è nata sana qualche mese fa. Però anche se l’esito dell’esame fosse stato diverso, l’ecografia morfologica e l’eco-cardio fetale ci avrebbero comunque dato sufficiente fiducia che il virus non aveva causato danni al feto.

Un’ultima cosa: sapete in Italia in 1 anno quante gravidanze con varicella si verificano? Meno di 50. E alla domanda ma è possibile che capiti proprio a me, come rispondereste? Io risponderei: sì può capitare proprio a me.

Spero che quanto scritto possa essere d’aiuto a qualcuno (e tra i qualcuno non escludo i medici).

Lettera firmata”


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