Quando si nomina la sessualità collegandola alla parola bambini, molto spesso si susseguono una serie di pensieri che confluiscono generalmente in un’unica domanda: “Si può parlare di Sessualità ai bambini?” e la mia risposta è esattamente questa, si può e si deve!!!– Anche nell’ambito della sessualità, c’è un momento in cui bisogna dare un nome alle cose e alle esperienze. Qualunque sia l’età del figlio o l’interrogativo che sottopone, è quella di evitare di rispondere con frasi come «Non sono cose che ti riguardano», o ingiunzioni secche del tipo «Non si parla di queste cose!», chiudendo così il discorso che colpevolizzano e rendono la sessualità un tabù. La Dott.ssa Rossella Benedicenti psicologa/sessuologa ci illustrerà delle strategie/linee guida generali affinché i nostri figli possano conoscere la sessualità a seconda dell’età in cui si trovano.
Ovviamente a seconda dell’età del bambino si dovrà scegliere con cura non solo cosa dire, ma anche come; tuttavia parlare di sessualità significa anche prendersi cura della sviluppo affettivo ed emotivo del bambino e non solo aiutarlo a scoprire e riconoscere il suo corpo ed i suoi significati, per questo è un momento imprescindibile nella crescita di ciascuno di essi.
In questo primo articolo allora ci occuperemo di questi temi avendo come riferimento la fascia di età 0-12 anni, ma seguirà un altro articolo più specifico per la fase adolescenziale.
Fascia 0-3 anni: Già nel momento in cui voi aiutate i vostri figli a capire se sono maschi o femmine state già parlando di sessualità, perché questo è il primo dato imprescindibile e biologico dal quale inizia il viaggio alla conquista della propria identità sessuale, viaggio che durerà fino all’età adulta. Generalmente i bambini fino ai 3 anni non hanno molto chiaro se sono maschi o femmine in modo stabile ed è dunque normale (anche fino ai 5 anni) che vostro figlio faccia connessioni più legate a ciò che vede: es. capelli lunghi, borsetta e gonna = femmina; barba e pantaloni = maschio. Un uomo con i capelli lunghi o con la borsa può metterli in crisi.
Per queste ragioni è utile non avere paura ad affrontare questi temi già con i più piccolini. Questo non significa cercare di evitare contatti con il mondo esterno, ma anzi aiutarli a partire da quello che notano a costruire un’idea di sé e degli altri più chiara. Non abbiate timore quindi se per caso giocando “interpretano” ruoli sia maschili che femminili, è frutto della loro curiosità e della sperimentazione infantile e non di dubbi identitari! Mantenere una certa flessibilità nell’accompagnare i bambini in questa loro scoperta, permetterà loro di viversi senza pregiudizi cosa significa essere uomo ed essere donna, contribuendo a scardinare le rigidità di ruolo che vedono per forza la bambina appassionata di rosa e bamboline ed i maschietti di super eroi e armi giocattolo.
Nel momento in cui i bambini iniziano a padroneggiare meglio il linguaggio è possibile che inizino a fare domande o ripetere parole che hanno ascoltato, ma delle quali ignorano completamente il significato.
Fascia dai 3 ai 12 anni: Dai 3 anni in su allora ciclicamente si affronteranno anche gli stessi temi più volte, perché crescendo il bambino sarà capace di comprendere più cose e questo susciterà in lui altre curiosità che vorrà approfondire. In generale vale sempre la regola di evitare di rispondere con frasi come «Non sono cose che ti riguardano» oppure «Non si parla di queste cose!», perché trasmettono un messaggio di chiusura al dialogo al bambino e senso di vergogna, rendendo la sessualità un tabù o peggio ancora qualcosa di sbagliato e da evitare.
Anche se ci sembra molto faticoso, come genitori si ha la responsabilità di aiutare il proprio bambino a comprendere questi temi così come lo si fa con altri. Se ad esempio vi trovate in difficoltà a rispondere in quel momento, potrete prendervi tempo per prepararvi ad affrontare l’argomento dicendo “Mi hai chiesto una cosa molto importante, ci prendiamo un momento più tardi per parlarne insieme. Hai fatto bene a parlarmene e potrai farlo ancora, tutte le volte che ne senti il bisogno”.
Questo non significa evitare il discorso, ma prendersi il tempo che serve per ponderare quanto e come dire, perché se è vero che raccontare storie inventate come la favola della cicogna o del cavolo sarebbe da evitare, è vero anche che si deve risultare rassicuranti per i propri figli evitando spiegazioni troppo tecniche, lunghe e dettagliate che potrebbero confondere ancora di più. Ad esempio alla domanda tipica dell’età 3-6 anni “Da dove arrivo io?” si potrà inizialmente dire che il semino del papà ha incontrato l’ovetto della mamma perché si amavano molto per poi aggiungere dettagli via via che l’età aumenta. Non abbiate timore a chiedere cosa sanno i bambini su quell’argomento, molto spesso vi stupirete di quante cose abbiano già appreso, ma è evidente che qualcosa ancora non è chiaro e hanno bisogno del vostro aiuto, perché si fidano di voi e della vostra capacità di aiutarli.
Alla domanda invece sul perché qualcuno ha il pisellino e qualcuno la farfallina, linguaggio che dagli 8 – 9 anni su è utile affiancare ad uno più realistico (come quello ascoltato a scuola ad esempio), si potrà introdurre il tema della differenze tra Uomo e Donna e tra le persone in generale, evitando dunque frasi confusive come “Lui fa la pipì in piedi perché ha il pisellino e tu non ce l’hai”, ma spiegando che “Il corpo di uomo e donna sono diversi e mentre il maschio ha il pisellino la donna ha la farfallina e questo permette di fare la pipì in modi differenti”.
Questi temi sono dunque un’occasione per riflettere con i vostri bambini anche su cosa significa essere in relazione ad altri, sui sentimenti che queste relazioni suscitano, sui temi della differenza e della somiglianza tra le persone, così come grandi temi legati alla vita. Se avete dubbi voi stessi potrete fare qualche ricerca e coinvolgere i vostri figli non appena riterrete siano pronti, perché i genitori non devono essere dei libri precostituiti di risposte ma facilitatori per i bambini.