Essere genitori, e «genitori all’altezza» e «autorevoli» ma non «autoritari», è uno dei mestieri più difficili al mondo (oramai lo sappiamo tutti) e spesso mette a dura prova la nostra capacità di gestire delle situazioni critiche. E’ facile imbattersi nei gruppi social di genitori e leggere che, per redarguire il proprio bimbo, la sculacciata, il “ceffone” è ancora considerato come una forma di punizione ‘ragionevole’, utile per correggere velocemente un comportamento sbagliato del bambino. Spesso chi lo afferma cerca di difendere il proprio comportamento con frasi del tipo “tanto non sente nulla perché ha il pannolino” oppure “un ceffone non ha mai fatto male a nessuno” o anche “per tenerlo sotto controllo una sberla è l’unica cosa che riesce a farlo stare fermo” oppure “anche io le ho avute eppure non sono traumatizzato”. Pertanto accogliamo l’appello di papà Andrea Barbieri e pubblichiamo il suo testo, per riflettere, per iniziare davvero a trovare e scoprire un nuovo modo di comunicare con i nostri figli…
“Con mia grande incredulità, nel 2017 sberle e schiaffi sono ancora una forma privilegiata di comunicazione per tanti genitori. Sono atterrito e preoccupato, perché mia figlia condividerà la scuola materna (come già condivide il parco giochi) con bimbi arrabbiati, ignorati, non accolti e zittiti da schiaffi.
Se tutti i giorni, una alla settimana o una al mese, non importa. Credo che già il fatto di prendere in considerazione la punizione fisica sia da condannare.
PERSONALMENTE
Non condivido le sculacciate, le sberle, scapellotti e ceffoni. Possiamo “battezzarle” con il nome che preferite (nella mia testa, ogni nome evoca un suono e un dolore differente).
PROFESSIONALMENTE
Sono Psicologo e mi occupo per la maggiore di età pediatrica, alzare le mani è sbagliato. Punto. Siamo sopravvissuti tutti, ai nostri genitori, a zoccoli e ciabatte volanti, a sculacciate anche dei nostri nonni. Mia madre con le ciabatte mi ha insegnato a sillabare, e non credo sia stata l’unica a farlo TI-HO-DET-TO-CHE-NON-SI-FA-CHE-DO-PO-MI-AR-RAB-BIO-HAI-CA-PI-TO-SI-O-NO??
Hanno fatto di noi tutti persone psicopatiche? No, non credo.
Resta comunque il fatto che alzare le mani non spiega nulla. Risolve un temporaneo prurito delle mani del genitore, che dimostra di perdere il controllo delle situazioni, e la soluzione migliore che adotta è dare una sberla. Dare una sberla da alcuni (da molti, mi rendo conto da ciò che leggo) è veramente sottostimato. Di fatto si tratta di punire fisicamente, sfruttando il fatto che siamo grandi e grossi e che decidiamo noi. Di fatto, è un sopruso, un abuso della nostra dimensione e di forza.
L’unico modo per far capire a un bambino che cosa ha sbagliato, senza compromettere la relazione con il genitore, è spiegarlo con le parole.
È un retaggio tutto italiano, di città come di periferia, per colti e non.
Anzi, spesso visto che le abbiamo prese da piccoli dai nostri genitori, se le diamo anche noi perché “è comodo e si fa cosi” quasi quasi redimiamo i nostri genitori. Perché a quel punto, se picchiamo i nostri figli allora anche i nostri genitori facevano bene a farlo con noi, e diventano di colpo buoni, e le sberle diventano parte del quotidiano.
Non si tratta di una “moda” attuale, quella di parlare, come alcune di voi ritengono. Il problema del sempreverde alibi della mancanza di rispetto dei giovani è la lassita’ genitoriale moderna, mancanza di autorevolezza, regole confuse, genitori che sono più bimbi dei bimbi e danno a modello comportamenti poco esemplari. Genitori al cellulare anche quando i propri figli davanti ai loro occhi sputano in faccia ad altri bimbi, o li picchiano.
Mia figlia non è mai stata toccata, da me, dalla mamma, e neanche mai da un nonno. Le occasioni ci sarebbero state? Può essere. Avrebbe capito qualcosa prendendo una sberla? No.
Caricando la spesa un giorno in macchina Gaia mi ha strattonato la mano e ha cominciato a correre, per scappare da me perché le stavo non stavo assecondando un capriccio. Ha fatto il giro della macchina e stava arrivando un SUV che non l’aveva vista, e la stava per investire, l’ho presa al volo per un attimo.
Sì, mi sono rivisto nei panni di mia madre o mio padre, e ne avrei prese parecchie se fossi stato io. Ma mai al mondo picchierei mia figlia. L’ho fermata, messa in macchina e dando fondo anche alle energie della settimana dopo mi sono dato una calmata e le ho spiegato che mi sono spaventato io, e che il mio spavento mi ha fatto arrabbiare.
Le ho detto la verità. Picchiarla non le avrebbe spiegato assolutamente nulla. Alzare le mani toglie quel prurito che sta nelle mani dei genitori, non fa altro.
Piuttosto, insegna che mamma e papà hanno perso il controllo, e che le persone grandi quando perdono il controllo picchiano. E soprattutto che si può picchiare, e che comunque vada vince il più forte, senza se e senza ma.
Come possiamo poi stupirci se gli adulti di domani, come quelli di oggi, risolvono con le mani le questioni, invece che a parole? E soprattutto, mi chiedo come possiamo sconvolgerci, a questo punto, se maestre d’asilo o insegnanti danno una sculacciata quando non ci sono i genitori. Possono farlo solo i genitori?
Ovviamente, una sculacciata può scappare, e non fa di noi bestie torturatrici o pessimi genitori. Solo il fatto che ci poniamo il problema e ci mettiamo in discussione vuol dire che ci teniamo, e che vogliamo bene ai nostri bambini.
LEGALMENTE..
L’educazione dei bambini SENZA utilizzo della violenza è previsto dalla Carta Sociale Europea. Oggi sono 27 i Paesi del Consiglio d’Europa che dispongono di una legge che proibisce ogni tipo di punizione corporale sui bambini. Fra questi paesi, non è presente l’Italia, in cui vige ancora la filosofia del “due sberle non hanno mai fatto male a nessuno”, “i nostri genitori ci hanno educato così”, “non c’è più disciplina oggi”.
Formalmente, oltre alle sculacciate, anche violenze in genere, umiliazioni e rimproveri continui perfezionano il reato di maltrattamenti in famiglia anche se inflitti a scopo educativo.
La Cassazione, sesta sezione penale, si è espressa attraverso la sentenza n. 30436/2015: l’abuso di mezzi di correzione violenti anche se sostenuto da “animus corrigendi” concretizza il reato di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p., poiché: “l’intenzione soggettiva non è idonea a fare rientrare nella fattispecie meno grave una condotta oggettiva di abituali maltrattamenti, consistenti in continue umiliazioni, rimproveri anche per futili motivi, offese e minacce, violenze fisiche”.
Ovviamente non si vuole demonizzare l’educazione genitoriale, a tutti può “scappare uno schiaffo”. Vorrei solo far presente che non esiste la “semplice sculacciata”. È solo un modo elegante che abbiamo trovato per giustificare i nostri genitori quando ce le hanno suonate, e un’implicita concessione che facciamo a noi stessi quando sentiamo pruderci le mani. È un retaggio culturale che vi invito a lasciare.
Insegnare attraverso il dialogo non è una “moda”, è un valore che vorrei fosse più diffuso, dai piccoli ai grandi.”
Consigliamo di leggere: “Smettila di fare i capricci: Come risolvere i capricci di tuo figlio senza urla o sgridate, anche se pensi di averle già provate tutte”